Autonomia differenziata. Dubbi sulla reale applicabilità della riforma
Confronto con il costituzionalista Francesco Palermo proposto dal comitato per il referendum
La riforma sull’autonomia differenziata è una brutta legge che difficilmente produrrà effetti concreti. Ne è sufficientemente certo il professor Francesco Palermo, costituzionalista, docente all’Università di Verona e direttore all’Istituto di Studi federali comparati Eurac Research, che ieri sera ha illustrato i contenuti della legge Calderoli in una serata di approfondimento proposta dal coordinamento trentino per il referendum. Nell’occasione il portavoce del coordinamento, Andrea La Malfa, ha ribadito l’obiettivo che i cittadini possano esprimersi su una legge dannosa e scritta male, la cui inapplicabilità sarebbe paradossalmente l’unico elemento positivo.
Su un punto il professor Palermo è stato netto: il tema non è il riconoscimento di forme di autonomia per le regioni a statuto ordinario, in quanto già prevista dalla riforma del titolo V della costituzione, ma la strada che la maggioranza parlamentare hanno scelto per darvi attuazione. In sintesi un obiettivo legittimo perseguito con uno strumento non adeguato. Dunque si tratta, in buona sostanza, di un testo che cerca di mettere insieme obiettivi opposti e per questo disegnato per non funzionare.
In particolare il costituzionalista ha chiarito che la riforma Calderoli rischia di non essere realmente applicabile. Per prima cosa la procedura da seguire per ottenere il trasferimento è particolarmente lunga e complessa e deve (ad eccezione di alcune materie) seguire alla definizione e approvazione dei Livelli essenziali di prestazione, gli ormai famosi LEP. Il loro finanziamento, peraltro oneroso, deve avvenire nel rispetto degli equilibri di bilancio. Nessuna spesa aggiuntiva per lo Stato. Le risorse, però, mancano. Su questo punto Andrea La Malfa segnala che di conseguenza, a rigor di logica, l’unico modo per stabilire LEP che non aumentino la spesa pubblica, sarebbe fissarli come prestazioni davvero minime, abbassando così le prestazioni di chi oggi riesce a garantire servizi migliori.
Altra questione spinosa è l’intesa Stato-Regione ordinaria: la legge fissa una serie di paletti e riconosce al presidente del Consiglio la facoltà di limitare il trasferimento di competenze. Lo Stato, qualora ce ne sia la necessità a tutela della coesione e solidarietà sociale, può disporre la cessazione totale o parziale dell’intesa con la regione.
Il professor Palermo si è soffermato anche su alcune problematicità connesse al referendum, sia nella sua versione di abrogazione totale come proposto dal comitato referendario, sia nella proposta parziale delle regioni. Ha in particolare chiarito che l’abrogazione totale rischia di togliere la disciplina costituzionalmente obbligatoria dell’autonomia delle regioni, quello parziale, invece, potrebbe violare il criterio dell’omogeneità del quesito. La palla dunque è in mano alla Corte Costituzionale, con la conseguente “roulette” legata ai tempi dal momento che i giudici di nomina parlamentare sono scaduti o di prossima scadenza.
Infine una riflessione sulle autonomie speciali che, come ha ribadito il costituzionalista, non sono formalmente toccate dalla legge Calderoli, ma che potrebbero subire limiti interpretativi sul piano finanziario e delle competenze. Da qui l’auspicio che si colga il dibattito in atto nel Paese anche per arrivare alla riforma dello Statuto di Autonomia. Anche su questo, però, la strada non è in discesa.
Trento, 12 settembre 2024