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Privatizzazione Poste. Rischio taglio del servizio in Trentino

Cgil Cisl Uil: dal 2012 persi circa 400 posti di lavoro in Trentino. Questa operazione porterà ad un ulteriore arretramento dei presidi territoriali

Privatizzazione Poste. Rischio taglio del servizio in Trentino

Il Governo si appresta a cedere sul mercato una ulteriore percentuale del pacchetto azionario del gruppo Poste Italiane. Una decisione che se arriverà in porto avrà, molto probabilmente, un impatto molto negativo sulla qualità del servizio a livello locale. Ne sono certi i sindacati sulla scorta di quanto già avvenuto con le precedenti operazioni di cessioni di pacchetti di azione sul mercato. Lo confermano i numeri dal 2012 al primo semestre 2023 i dipendenti di poste in Trentino sono passati da 1.271 a 842 unità con una riduzione superiore superiore al 30%. E’ significativo notare anche che di questi solo 784 sono a tempo indeterminato.

Il territorio regionale è quello che ha subito il ridimensionamento più marcato a livello italiano. E gli effetti sono sotto gli occhi di tutti con orari ridotti, giorni di apertura alternati e chiusura degli sportelli nei centri minori. Una strategia – non hanno dubbi Slc Cgil, Slp Cisl e Uil poste – che verrà confermata anche in futuro. “Questa operazione porterà a un arretramento dei presidi territoriali, ad una chiusura di uffici postali, con un calo della presenza del personale nei luoghi più ameni e a un taglio del servizio universale, tutto ciò a discapito delle fasce più deboli della popolazione - denunciano Jacopo Spezia della Slc Cgil, Antonio Lopresti della Slp Cisl e Concetta Inga della Uilposte -. Appare chiaro che un territorio come il nostro, caratterizzato da una particolare orografia, con piccoli paesi di poche centinaia di abitanti situati anche nelle valli più sperdute, sarebbe particolarmente penalizzato da questa evidente marginalizzazione sociale”.

I sindacati dunque bocciano questa operazione. Oggi il Mef detiene il 29,6% del capitale sociale; il 35% è in mano a Cassa Depositi e Prestiti e il 35,4% è di privati. “Si rischia di perdere un asset strategico per il Paese. Poste sono un’azienda di interesse pubblico”, insistono i sindacalisti.

 

Le tre sigle puntano il dito contro il rischio che il risparmio dei cittadini gestito oggi da Poste, peraltro con rendimenti sicuri, finisca nelle mani della speculazione privata.

C’è poi la questione dell’immensa mole di dati che Poste custodisce, basti pensare ai dati generati dalle attività degli uffici postali o a quelli legati alle identità digitali (SPID), ma anche all’infinità di dati raccolti durante la campagna vaccinale anti-Covid senza scordare i dati necessari al recapito di corrispondenza e pacchi, i quali con un’operazione di ulteriore privatizzazione possano essere utilizzati per interessi privati.

 

Trento, 7 marzo 2024

 

 

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