Formazione professionale: sedotta e abbandonata. E’ mancata una regia provinciale
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Nel 2009/2010 la PAT decise di fare a meno degli istituti professionali statali e fare tutto in casa, una scommessa che all’epoca potè contare su un grado d’attenzione e finanziamento di un certo livello. Esaurita la spinta di quell’idea il nuovo assetto cominciò a produrre le proprie contraddizioni creando un contenitore, la FP, che non comunica né con l’esterno, con la scuola a carattere statale, né al proprio interno tra i vari attori che la compongono. Segmento diventato gradualmente meno interessante dal punto di vista economico e delle tutele contrattuali, in cui è esclusa ogni forma di mobilità. Il vulnus nei confronti degli studenti è la mancanza di un percorso coerente per l’ottenimento del Diploma di Stato. Le opzioni sono qualifica professionale al terzo anno, diploma tecnico al quarto e CAPES (Corso annuale per l’Esame di Stato di Istruzione Professionale), un quinto anno ponte verso il diploma di Stato: misura tampone con grossi limiti tra cui spicca l’assenza di coerenza con il curriculum tecnico-professionale dei quattro anni precedenti e che oltre a un’ennesima selezione in entrata, implica una complessa operazione di recupero di tutto ciò che non si è svolto in quattro anni nell’asse matematico, dei linguaggi, storico-socio-economico, scientifico-tecnologico. Noi propendiamo per incoraggiare tutti gli studenti a portare a termine il ciclo di studi almeno fino all’esame di Stato, ma paradossalmente nella FP è costellato di sbarramenti: esame di qualifica alla fine del terzo anno, selezioni per accedere al quarto ed esame a fine anno per l’ottenimento del diploma di tecnico e poi, ancora, uno sbarramento molto selettivo per accedere al CAPES che richiede competenze consolidate sulle materie di cui sopra. Proponiamo di semplificare. questi percorsi lasciando la possibilità di scelta, ma garantendo la possibilità a tutti di accedere sia al quarto anno sia al CAPES. Fino al 2015 la FP trentina, in netta prevalenza enti privati che contano sul 100% di finanziamento pubblico cui la PAT affida l’attuazione del servizio di formazione professionale conservando la gestione diretta di soli tre istituti, aveva mantenuto una sua compattezza facendo riferimento a un contratto simile per tutti. Nel 2015 la politica chiarì che l’unità contrattuale non era condizione de iure e che ognuno era libero di aderire ai contratti collettivi che riteneva più interessanti. Da allora la FP cominciò a frammentarsi e la PAT abdicò al ruolo di regista dal punto di vista ideale, progettuale e didattico, diventando mero soggetto finanziatore e il Servizio formazione professionale della PAT smise di confrontarsi con le parti sociali. Noi chiediamo un unico contratto per ricompattare il sistema e garantire parità di diritti e doveri tra le persone che svolgono lo stesso lavoro che eviti disparità economiche e normative, fissi standard contrattuali provinciali e uniformi le modalità di reclutamento del personale mettendo in equilibrio il punteggio di servizio maturato dai docenti della FP nelle graduatorie d’istituto della statale. Attualmente le progressioni retributive sono subordinate alla disponibilità di risorse, e l’automatismo del passaggio alla posizione retributiva superiore non è riconducibile solo alla maturazione dei requisiti di anzianità di servizio (cinque anni) ma anche a ulteriori valutazioni, tanto più che per la FP inoltre non è prevista la ricostruzione di carriera. Il precariato che precede l’assunzione a tempo indeterminato è buttato alle ortiche e in alcuni casi limite vi sono docenti che dopo vent’anni di servizio e quindici anni di precariato sono ancora alla prima posizione retributiva sfondata ormai la soglia dei cinquant’anni d’età. Noi chiediamo progressioni automatiche, ricostruzione di carriera e valutazione del servizio pre-ruolo. Nella FP si concentra la stragrande maggioranza degli studenti con BES (studenti certificati 104 o con disturbi specifici e aspecifici dell’apprendimento), cui si aggiunge un nuovo disagio giovanile che sfugge alle statistiche e agli schemi cui eravamo abituati. Il corpo docente negli anni, con esperienza, buona volontà e sensibilità ha sviluppato un approccio accogliente ed inclusivo in grado di supplire a una gravissima mancanza di sistema: la non previsione dell’insegnante di sostegno. Ma i numeri di studenti con BES e disagio sono aumentati e i docenti non sono più in grado di gestirli. Chiedono aiuto con la previsione di una squadra formata da più docenti di disciplina, docente di sostegno e assistente educatore su ogni singola classe per tutte le ore di lezione frontale.Chiedono anche che la FP torni ad essere argomento di dibattito pubblico, che si tengano gli Stati generali del settore che affrontino e sciolgano i nodi venuti al pettine in tanti anni di scarsa considerazione con un rinnovato senso di responsabilità e una nuova regia provinciale.