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Giovani e lavoro. Più qualità dell'occupazione e meno precarietà

Cgil Cisl Uil: se non si creano condizioni adeguate si disperde l'investimento fatto nella formazione dei nostri laureati. Così si ipoteca anche la crescita della nostra comunità

"Se le laureate e i laureati dell'Ateneo di Trento ottengono occasioni professionali adeguate alle loro attese e retribuzioni più alte solo fuori dai confini provinciali, il mercato del lavoro trentino e l'intera comunità hanno un problema da risolvere. Altrimenti rischiamo che la nostra economia, nel prossimo futuro, sia più povera e meno competitiva". E' questa la considerazione di Cgil Cisl Uil del Trentino nel giorno della cerimonia di consegna del Premio laurea che le tre confederazioni ogni anno assegnano in collaborazione con l'Università di Trento alle migliori tesi sul lavoro.

Dall'indagine Almalaurea emerge un dato positivo: i giovani che concludono il percorso di studi nell'Ateneo trentino trovano occupazione facilmente. Il tema è la qualità di questa occupazione, che in Trentino non è evidentemente adeguata. "La questione è emersa con chiarezza anche durante gli Stati generali del lavoro ed è per questa ragione che la cabina di regia ha individuato tra le priorità l'occupazione giovanile, sia per facilitare la riattivazione dei giovani che interrompono il percorso di studi, sia per quanti pur in possesso di competenze e titoli adeguati trovano sul territorio solo offerte di lavoro di livelli più bassi. Questo spinge molti giovani a cercare occupazione fuori dal Trentino perché sanno che troveranno condizioni migliori, soprattutto all'estero",fanno notare Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Walter Largher.

Il problema, però, non è la mobilità dei giovani sul mercato del lavoro, ma quanto questi flussi siano reciproci. "Se in Trentino le condizioni di lavoro offerte sono medio-basse in termini di condizioni, qualità e retribuzioni, non saremo mai attrattivi per i giovani qualificati. Se non si inverte questo meccanismo, però, si rischia di impoverire la nostra comunità e la nostra economia. Se il sistema produttivo locale non investe di più sul capitale umano, inoltre, si rischia di perdere, a vantaggio di altri territori, le competenze e le professionalità dei giovani che il nostro ateneo e le altre istituzioni formative hanno contribuito a formare".

In questo quadro i sindacati vedono delle strade obbligate su cui muoversi. A cominciare dalla riduzione della precarietà. "I giovani devono entrare sul mercato del lavoro con un'occupazione vera, con diritti e salari adeguati. E' ora di porre un limite a stage e tirocini che hanno poco di formativo, soprattutto dopo la qualifica, il diploma o la laurea, e che sono spesso scorciatoie per ottenere forza lavoro a basso costo. Così non può funzionare. Vanno al contrario privilegiati i sistemi di formazione duale, l'apprendistato, ma anche un serio percorso di orientamento scolastico e universitario. I presupposti per farlo in Trentino ci sono. Basta muoversi con determinazione in questa direzione".

Altro tema è la qualità della domanda di lavoro, che in provincia si è concentrata troppo su basse qualifiche. "Qui tocchiamo il tema delle politiche industriali che dovrebbero spingere il nostro tessuto produttivo su innovazione di prodotti e di processi, anche attraverso incentivi selettivi. Sembra però che non sia questa la direzione seguita al momento dalla Provincia. Così si rischia di avere lo sguardo corto condannando la nostra economia ad essere meno competitiva", concludono.

Trento, 25 ottobre 2022

 

 

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