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La carenza di medici e infermieri non può determinare la deriva privatistica in Sanità

Parla il Segretario generale Luigi Diaspro

La carenza di medici e infermieri non può determinare la deriva privatistica in Sanità

Il segretario generale della Fp Cgil, Luigi Diaspro, lancia l’allarme sulla pericolosa deriva che sta caratterizzando la sanità trentina.

«I dati pubblicati dall’Adige sulla mancanza di medici (30% in meno nei pronto soccorso trentini) e infermieri confermano l’evidenza di un problema che gli addetti ai lavori, a vario titolo, stanno sollevando oramai da tempo. Per questo siamo sempre più preoccupati per l’assenza di soluzioni alternative alla privatizzazione ed esternalizzazione di interi pezzi della sanità trentina (pronto soccorso, punti nascita) che la giunta sembra portare avanti con particolare disinvoltura» spiega Diaspro, che prosegue: «La recente presa di posizione comune delle Consulte della Salute e delle politiche sociali rimarca peraltro, con cognizione di causa del tutto condivisibile, la mancanza di un progetto verosimile di integrazione socio sanitaria sul territorio che è il vero tema da affrontare, in relazione agli aumentati bisogni delle comunità, delle nuove fragilità e disabilità di giovani e anziani, unitamente all’ottimizzazione delle risorse (umane e finanziarie) da non disperdere per tenere in piedi strutture a rischio di appropriatezza di cure come i punti nascita.

Una deriva che abbiamo il sospetto potrebbe continuare e diventare strutturale, quella delle privatizzazioni, man mano che si avvicina la scadenza elettorale provinciale, perché la sanità in particolare sembra ostaggio di logiche di consenso anziché essere oggetto di rigorosa analisi per quello che sta accadendo e delle possibili soluzioni. Che non possono prescindere dal confronto con tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nel sistema. La riorganizzazione della sanità, col decentramento dei servizi e la prevista integrazione socio sanitaria e il rafforzamento della prevenzione rischia di essere una scatola vuota se non si interviene sull’emergenza personale. E lo ripetiamo, se si continua ad alimentare la spirale viziosa del lauto compenso per assicurarsi i professionisti delle cooperative, si otterrà l’effetto boomerang, saranno i pubblici ad abbandonare la sanità per entrare nel privato e la qualità e sicurezza degli interventi ad abbassarsi, come denunciano gli stessi medici superstiti nei pronto soccorso. Il costo della sanità aumenterà a scapito del sistema pubblico.

C’è un’emergenza nell’emergenza, dopo la pandemia ad ammalarsi è la sanità pubblica, un bene comune insostituibile da preservare a ogni costo. Sono i nostri medici, infermieri, operatori socio sanitari e tutto il personale sanitario, tecnico, amministrativo e ausiliario a dover essere sostenuti e valorizzati: le risorse devono andare in questa direzione, non nella privatizzazione».

 

 

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