Infortuni: basta alibi. I dati in aumento impongono di agire
Sindacati: il trend è in crescita e lo certifica Inail. Inutile essere i primi della classe quando si perdono vite umane
“Se negli ultimi vent’anni gli infortuni sul lavoro in edilizia non fossero calati allora su salute e sicurezza tutti avremmo drammaticamente fallito. E come se dicessimo che rispetto ai tempi in cui si costruivano le piramidi muoiono meno operai. Ci mancherebbe altro! I numeri così come le persone però hanno un valore e non vanno usati solo allo scopo di giustificare la propria tesi, come ha fatto il presidente Montibeller”. Cgil Cisl Uil non ci stanno ad essere accusati di aver affermato il falso né tanto meno di essere immobili sul fronte della sicurezza sul lavoro e con le categorie dell’edilizia, Fillea Filca e Feneal rispondono punto su punto. A partire dai dati.
“L’aumento del 22% delle denunce di infortunio è un dato Inail relativo a tutti i settori produttivi e che Montibeller può agevolmente verificare sul sito dell’Istituto – incalzano Manuela Faggioni, Katia Negri e Alan Tancredi -. Ma senza fare tanta fatica basta guardare la tabella dei dati della Cassa edile presa a riferimento dallo stesso Montibeller che evidenzia un trend in risalita sia rapportato al numero di lavoratori iscritti sia di ore lavorate”.
La dinamica viene confermata dai dati Inail: tra il primo trimestre 2022 e lo stesso periodo del 2021 le denunce di infortunio in edilizia sono cresciute del 34%, passando da 104 a 158. Nel dettaglio nelle costruzioni si passa da 75 a 112, nei lapidei da 4 a 13, nella lavorazione del legno da 83 a 89, nell’estrazione minerali da cava da 2 a 4. “Vogliamo aspettare che la situazione torni fuori controllo per intervenire?” si chiedono i sindacati.
Ancora l’Inail certifica che tra il 2020 e il 2021 gli infortuni sono cresciuti del 33,2% nelle costruzioni. “Un dato atteso e comunque non accettabile – sottolineano i segretari provinciali di Fillea, Feneal, Filca Sandra Ferrari (vicepresidente della Cassa edile), Matteo Salvetti (vicepresidente Centrofor) e Fabrizio Bignotti - . L’aumento dell’attività anche trainato dal 110% non può essere pagato in alcun modo in vite umane. Non stiamo parlando di numeri ma di persone. Ed è una magra consolazione, sempre che venga confermata, sapere che siamo tra i “migliori” d’Italia perché avremmo l’incidenza più bassa. Anche un solo morto sul lavoro è inaccettabile”.
Per questa ragione le sigle sindacali insistono sulla necessità di fare prevenzione, di aumentare i controlli, di fare formazione mirata e di cambiare il sistema degli incentivi premiando le aziende che investono in salute e sicurezza. Di incentivare la certificazione sulla sicurezza per le imprese e di istituire la “patente a punti”.
“Noi di proposte ne abbiamo e le abbiamo avanzate a tutti i tavoli competenti. Quando è andata bene le imprese sono rimaste silenti. In altri casi si sono opposte con fermezza”. Come per l’istituzione della figura del RLST, il rappresentate per i lavoratori sulla sicurezza. “Sono dieci anni che lo chiediamo e loro sono dieci anni che dicono di no perché non vogliono che siano i sindacati a verificare il rispetto delle norme e delle procedure. E’ più comodo avere i propri “tecnici” che non sono tenuti a denunciare a Uopsal eventuali mancanze. Le imprese vedono l’RLST come fumo negli occhi e preferiscono mettere il bavaglio al sindacato”, proseguono i confederali.
Ferrari, Bignotti e Salvetti aggiungono: “Le oltre 1.100 visite fatte dai tecnici Centrofor nel 2021 sono un buon punto di partenza, ma non bastano come dimostrano i dati. L’obiettivo deve essere la tutela e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro. Un obiettivo che si può tradurre in concreto solo con l’impegno congiunto di tutti, istituzioni comprese, per conoscere le cause degli infortuni e agire su quelle. Per mettere in campo una formazione continua con esiti verificabili”. Fino a quando in Italia continueremo a contare tre morti sul lavoro al giorno avremo perso”.
Trento, 5 maggio 2022