Lavoro Agile: tutto da rifare
La controparte vuole la “contattabilità” e richiede di non lavorare fuori dai confini provinciali: prevale la cultura del sospetto
«L’incontro di oggi in Apran ha sancito la rottura del tavolo sul lavoro agile – spiega il segretario generale di Fp Cgil Luigi Diaspro - abbiamo dovuto prendere purtroppo atto di una indisponibilità a concepire il lavoro agile per quello che è e dovrebbe essere, ovvero il passaggio dal mero adempimento formale a un lavoro per progetti e obiettivi in un quadro di maggiore autonomia, responsabilità e fiducia. Discrezionalità, ossessione del controllo, fasce obbligatorie e di reperibilità, limiti territoriali, questi i punti fondamentali sui quali, in tutti gli incontri e al netto delle pause di riflessione richieste da parte Apran, si è determinata per noi l’impossibilità di procedere oltre».
È davvero incredibile dover constatare come, malgrado due anni di sperimentazione forzata, si ripropongano ancora oggi argomentazioni francamente irricevibili che rilevano l’ansia del datore di lavoro (Consorzio dei Comuni in primis) di disporre in maniera unilaterale, discrezionale, addirittura premiale del lavoro agile, di fatto relegandolo a prerogativa esclusiva dell’amministrazione che, senza obbligo di confronto e motivazione, può disporre o meno di attivarlo nello specifico ente.
Emerge continuamente una cultura del sospetto che condiziona e limita qualsiasi ragionamento, con l’opposizione addirittura all’elaborazione di una tabella con cui definire in modo oggettivo una serie di requisiti da prendere in considerazione nei casi in cui vi siano più richieste di accesso per le medesime posizioni di lavoro agile (graduatorie).
Come anche si pretende di istituire, oltre che fasce di compresenza obbligatoria, fasce di “contattabilità” che di fatto determinano una implicita reperibilità che vincola il dipendente in una fascia oraria ben più ampia dell’orario teorico giornaliero. Irricevibile anche la pretesa di vincolare il luogo della prestazione del lavoro agile “entro i confini del territorio provinciale o in territorio limitrofo ai confini provinciali”, vanificando anche concettualmente la possibilità di conciliazione che il lavoro agile dovrebbe, tra le altre, consentire in caso di nuclei familiari con residenza oltre “i confini della provincia”. Altre e varie sarebbero le (legittime) modalità di controllo della prestazione, non certo il confine geografico.
Il Piano strategico varato dalla Provincia in pompa magna qualche mese fa, che la Fp Cgil aveva salutato con favore – unica iniziativa degna di nota per un comparto pubblico altrimenti oggetto di particolare penalizzazione da parte di questa giunta – rischia di infrangersi contro il muro della diffidenza, dell’ansia dell’esercizio del potere, nell’ossessione del controllo che qualifica il livello della dirigenza trentina. E poi si parla di innovazione.
Attendiamo di incotnrare quindi l’assesssore Spinelli per comprendere se e come il lavoro agile, in Trentino, si potrà adottare per i comparti pubblici.