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Chi soffia sul fuoco della contrapp

Lettera aperta dei Segretari Generali Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl

Chi soffia sul fuoco della contrapp

Nel clima diffuso di aperta ostilità nei confronti del mondo del lavoro pubblico lo sciopero nazionale indetto per mercoledì 9 dicembre è stigmatizzato da più parti. Un minuto dopo aver definito eroi sanitari e operatori in prima linea contro l’epidemia, è ripartita la berlina, dalla condanna senza appello ai fannulloni in smart working allo stigma per super privilegiati che nulla hanno pagato in questa crisi.

Privilegiati che guadagnano in media 1300 euro al mese, che hanno subito un blocco contrattuale e di assunzioni lungo dieci anni che ha ridotto retribuzioni ma soprattutto organici, in sanità come nelle amministrazioni locali e centrali, con un balzo dell’età media – 53 anni - tra le più alte d’Europa.

L’evidenza dell’inadeguatezza degli organici è tuttora sotto gli occhi di tutti, mancano medici, infermieri, Oss, Operatori tecnici e amministrativi, Uffici Giudiziari allo stremo, solo da poco sono ripresi i concorsi in Inps, l’Istituto Pubblico su cui gravano competenze fondamentali in materia di previdenza e assistenza per assicurare le misure che, specie in pandemia, sono vitali per pensionati, disoccupati, lavoratori e famiglie.

Grave la questione della sicurezza nei luoghi di lavoro. I servizi pubblici essenziali vanno sempre e comunque assicurati, con l’obbligo della prestazione lavorativa a prescindere, anche laddove – com’è successo nella prima ma anche nella seconda ondata – i DPI mancano o sono inadeguati, lo screening è carente, gli operatori si ammalano, muoiono, contagiano i propri cari. Nessuno si è tirato indietro, malgrado le carenze e l’assenza dei controlli sull’applicazione dei Protocolli sulla sicurezza che il Sindacato ha responsabilmente sottoscritto.

Durante lo smart working i lavoratori hanno assicurato i servizi loro affidati, utilizzando in massima parte dispositivi propri e improvvisandosi esperti informatici, oppure portandosi a casa faldoni di carte laddove la P.A. non ha prodotto, negli anni di chiacchiere sull’innovazione tecnologica, alcun passo avanti in quella direzione.

Privilegiati perché hanno lo stipendio fisso e non possono essere licenziati: mettere in cassa integrazione questi lavoratori – come chiesto da “autorevoli” commentatori di questi giorni – per “far pagare” loro il giusto prezzo della crisi come i privati, gli autonomi, le partite Iva (per i quali il Sindacato Confederale sostiene ogni intervento diretto al massimo sostegno) sarebbe davvero un’operazione di equità o più banalmente un’opzione strumentale per agitare il conflitto all’interno del mondo del lavoro subordinato tenendo indenni i veri privilegiati che non solo non pagano pegno nelle crisi ma nelle crisi si arricchiscono? Parliamo naturalmente di chi evade ed elude le tasse, di chi pontifica con stipendi di centinaia di migliaia di euro all’anno. Il solo stormir di fronda su un contributo su grandi patrimoni ha trovato infatti un fuoco di fila indignato a difesa di questi ultimi. I pubblici dipendenti oggi, a legislazione vigente, possono essere messi in mobilità se in esubero per massimo 24 mesi, trascorsi i quali essere licenziati. Come mai ciò non accade? Non accade perché altro che esuberi, solo carenze drammatiche ed esigenze assunzionali che la manovra di bilancio non considera adeguatamente in relazione all’uscita di oltre 500.000 lavoratori tra pensionamenti e quota 100 nei prossimi anni, ecco perché non si licenzia.

Lo sciopero, questione di opportunità. Certo, perché proprio adesso, in piena pandemia? Eppure Alimentaristi e Metalmeccanici lo sciopero per il rinnovo dei contratti l’hanno (giustamente) fatto in questi mesi, senza scandalo alcuno. Tuttavia, spieghiamo: il rinnovo dei contratti pubblici è governato da leggi dello stato (e della PAT) e dunque, se siamo alla vigilia dell’approvazione delle leggi di bilancio per il terzo e ultimo anno di valenza del triennio contrattuale 2019-2021 con risorse insufficienti (a livello nazionale) e inesistenti (a livello provinciale) è del tutto evidente che un’azione sindacale di mobilitazione confederale forte e unitaria, non corporativa, che abbia a cuore i servizi a cittadini e imprese e la tutela delle condizioni di chi assicura quei servizi, non può che avvenire nella contestualità della discussione per l’approvazione delle manovre. Una iniziativa non improvvisa, che parte da lontano con manifestazioni e presidi l’8 giugno 2019 a Roma e il 22 novembre 2019 a Trento, e dunque ultimo atto causato dall’assenza di un’interlocuzione col Governo (la Ministra Dadone, che parla sui social anziché concertare con i Sindacati una via di uscita sulle questioni poste dal Sindacato) e dall’atteggiamento della Giunta Provinciale determinata a punire i pubblici dipendenti (il Presidente Fugatti, che per motivi di “opportunità” non destina, neanche in questa manovra, neppure un euro al rinnovo dei contratti 19-21 contravvenendo persino il Protocollo Politico da lui sottoscritto il 13 gennaio con le Confederazioni CGIL, CISL  e UIL, oltre a procedere senza confronto sulle riforme istituzionali - Comunità di Valle - e a non esercitare compiutamente le competenze primarie che l’Autonomia consentirebbe soprattutto nel settore pubblico, traino del Trentino).

Il 9 dicembre i lavoratori del settore pubblico saranno comunque tenuti a garantire i servizi essenziali.  I lavoratori in sciopero perderanno la giornata di retribuzione. Non ci sarà alcuna scampagnata per il ponte dell’8 dicembre, anche per le note condizioni sanitarie dettate dai DPCM nel Paese. Chi sciopererà lo farà anche e soprattutto per quelli che non lo potranno fare perché precettati e perché impegnati in prima linea contro un’epidemia che non mostra segni di arresto. E’ tutto il settore del pubblico impiego in lotta, Sanità, Funzioni e Autonomie Locali, Funzioni Centrali, Ricerca Pubblica, per difendere lo spazio pubblico, per affermare il ruolo e la dignità di chi ci lavora, per chiedere di rafforzare il sistema pubblico a partire dalla Sanità, alle Apsp allo stremo, ai servizi per la sicurezza e il sostegno a cittadini e imprese.

Invece di denigrare e stigmatizzare lo sciopero si convochi il Sindacato per trovare soluzioni!

Non vogliamo bloccare il Paese, ma esprimere indignazione e dissenso rispetto a scelte che non condividiamo, che contrappongono e dividono il mondo del lavoro,che non comportano vantaggi per chi è veramente in difficoltà ma calano una cortina fumogena su chi davvero le crisi non le paga mai. Anche nella P.A. ci sono migliaia di lavoratori precari e senza futuro, persino in sanità. Si tratta di scelte che da oltre vent’anni hanno precarizzato e frammentato il mondo del lavoro. Strumentalizzare lo sciopero del pubblico impiego per tentare di contrapporre garantiti e non garantiti mostra esclusivamente la spudoratezza di chi ha scientemente destrutturato il diritto del lavoro e tende a smantellarne l’ultimo pezzo rimasto, baluardo e punto di riferimento per i diritti di tutto il mondo del lavoro.

 

  1. Diaspro – B. Pallanch – M. Tomasi

 

 

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