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Agricoltura. Servono tamponi per tutti i lavoratori che arrivano dall’estero

Netta contrarietà anche al ritorno dei voucher. “E’ solo una scorciatoia per ridurre i diritti”

L’emergenza sanitaria non può diventare il pretesto per ridurre l’attenzione sulla salute di fronte al rischio Covid-19 né per reintrodurre formule che riducono i diritti di chi lavora. Non è con i voucher che si risolve il problema della manodopera in agricoltura né tanto meno derogando alla massima cautela di fronte al rischio contagio. L’unica strada per fare arrivare i lavoratori stranieri in sicurezza è quella di sottoporli a tampone. “Non siamo disposti ad accettare scorciatoie né leggerezze – dicono i tre segretari generali di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila, Maurizio Zabbeni, Fulvio Bastiani e Fulvio Giaimo – ed è grave che l’assessora Zanotelli si pieghi alle richieste delle associazioni datoriali sconfessando di fatto i protocolli firmati insieme sull’incontro tra domanda e offerta, sulla legalità o quelli sulla salute e sicurezza. Ed è ancora più grave che rinunciando a trovare insieme una soluzione, si schieri a favore di forme contrattuali meno tutelanti per i lavoratori”.

La soluzione, per i sindacati, è quella che verrà adottata a Bolzano. Tutti i raccoglitori provieniti da oltre confine verranno sottoposti a tampone a spese delle imprese che li assumono e poi verrà organizzata una quarantena attiva con gruppi di quattro lavoratori. “Mentre l’Alto Adige costruisce soluzioni a vantaggio di chi lavora e delle imprese, in Trentino l’assessora per compiacere le associazioni datoriali sollecita alla ministra Bellanova la reintroduzione dei voucher – insistono i tre segretari -. La questione però è diversa: sembra che qui si stiano cercando solo delle scorciatoie per avere subito i lavoratori stranieri e far lavorare gli italiani, per lo più disoccupati, cassintegrati e giovani studenti, solo con uno strumento iniquo qual è il voucher. In questo modo non si risolverà mai il problema della carenza di manodopera”.

Ancora più grave è la leggerezza con cui si tratta il tema sanitario. “Per superare la quarantena imposta dal Ministero della Salute per chi arriva dai paesi a rischio Covid-19 la Provincia propone la quarantena attiva che vuol dire far lavorare tra loro gli stranieri non curandosi del fatto che abbiano contratto o meno il coronavirus. Per lavorare in sicurezza l’unica strada sono i tamponi per tutti”, ribadiscono i tre segretari che puntano il dito anche contro le imprese. “Il lavoro in agricoltura va reso appetibile investendo in formazione e qualificazione, in salari adeguati. Invece le nostre imprese preferiscono fare scelte al ribasso, facendone pagare il prezzo ai lavoratori. Quello della flessibilità è solo un falso problema: il contratto agricolo già oggi riconosce massima flessibilità a chi assume. Vanno, invece, incentivati contratti innovativi come quello di rete che favoriscono anche l’emersione del lavoro grigio e sono un utile strumento di contrasto alla sfruttamento. Lo prevedono i protocolli che abbiamo firmato, e che a questo punto assessora e imprese sconfessano. Per noi è inaccettabile”, proseguono.

In tal senso le organizzazioni sindacali ricordano di aver già predisposto la lettera formale per l’avvio presso l’Inps provinciale della sezione territoriale della rete del lavoro agricolo di qualità prevista dalla legge contro il caporalato. “Ci attendiamo una risposta coerente delle associazioni datoriali per dare avvio concreto ed immediato alla sezione. E’ quello infatti l’ambito in cui si possono affrontare in modo costruttivo temi quali l’incontro tra domanda e offerta e il fabbisogno di manodopera straniera, anche risolvendo nodi cruciali quali trasporto e alloggi”, concludono.

 

 

 

 

 

Trento, 6 agosto 2020

 

 

 

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