Tutto riapre e i servizi alla persona?
E' importante cominciare a progettare e ipotizzare attraverso quali modalità, metodologie e con quali tempistiche sia possibile consentire una riapertura a familiari e utenti delle RSA
Confortati dai recenti dati di contenimento dei contagi da coronavirus di azzeramento dei decessi e di una costante diminuzione dei pazienti in terapia intensiva siamo passati fiduciosi alla così detta fase due con la fine del lockdown e la riapertura di gran parte delle attività economiche. Ciò che rimane ancora in ombra sono i tempi e modi di riapertura di alcuni servizi alla persona con un impatto sempre più pesante sui familiari e sui caregiver. Il tema è di non facile soluzione anche perché porta con se un costante timore per il rischio connesso alla facilità di contagio nelle “comunità” che caratterizzano gran parte di questi servizi. Ciononostante credo importante che si cominci a progettare e ipotizzare attraverso quali modalità, metodologie e con quali tempistiche sia possibile consentire una riapertura a familiari e utenti. La cosa che riveste una certa urgenza è la riapertura ai familiari delle RSA (case di riposo) chiuse con giusto provvedimento dei responsabili di queste strutture il 4 marzo scorso. Nonostante questo provvedimento, abbiamo conosciuto, in questi mesi, un esplodere di contagi in alcune strutture con una alta incidenza di anziani deceduti tanto che statisticamente oltre il 60% dei decessi dovuti da coronavirus in Trentino sono avvenuti all'interno delle RSA. Ai contagi degli anziani ospiti poi si sono aggiunti quelli del personale dedicato alla loro assistenza e cura con un aggravamento della tenuta organizzativa di molte strutture. Quindi affrontare oggi il problema della riapertura di queste strutture alle visite dei familiari non può che imporre molta cautela e attenzione evitando “accelerazioni” frettolose e non rispettose di rigidi criteri di tutela della salute di anziani e personale. Dovranno quindi essere definiti protocolli, modalità e tempi di accesso e permanenza in un quadro di rispetto del distanziamento e di utilizzo di tutti gli strumenti di protezione individuale. Vediamo di ipotizzarne alcuni. Ogni ingresso del familiare non potrà che essere sottoposto a controlli (anche della temperatura?) e all'uso obbligatorio di mascherine di protezione, guanti e igienizzante per mani. A queste tutele che peraltro sono normalmente già presenti in tutti i locali aperti al pubblico, si dovranno aggiungerne altri come la definizione e “confinazione” di aree dedicate all'incontro (meglio se all'esterno in giardino) con procedure di periodiche sanificazione e una contingentazione temporale di permanenza e quindi una rotazione legata anche ad una possibile prenotazione. Andrà quindi vietato ancora per diverso tempo il “vagare” di familiari all'interno della struttura in modo incontrollato. Questi sono alcuni suggerimenti possibili mirati alla massima tutele della persona anziana ospite della RSA, del suo familiare e del personale dedicato alla cura. Aprire quindi si, ma con la massima cautela, prudenza e senso di responsabilità verso se stessi e gli altri. Va infatti ricordato che le RSA rappresentano una comunità di anziani particolarmente fragile e con pluripatologie e quindi più a rischio che un contagio porti poi a soluzioni estreme. Nel sistema programmato di apertura potrebbe anche essere possibile iniziare da quelle strutture (oltre il 50% in Trentino) che non hanno avuto contagi e decessi e poi via via passare anche alle altre. Ciò che va evitato nel modo più assoluto è che si riaccendano contagi e focolai. Una “ricaduta” sarebbe imperdonabile sia rispetto ai sacrifici sin qui fatti e alla legittima aspettative di familiari e anziani di reincontrasi sia rispetto al personale assistenziale e di cura che si è assunto carichi di lavoro con una dedizione del tutto eccezionale. Ciò che va superata è una contrapposizione di diritti e necessarie tutele: i diritti dei familiari e degli anziani di rincontrarsi in un “regime” di massima sicurezza e le necessarie tutele che debbono essere garantite a tutti ospiti, familiari e personale. Oggi esistono gli strumenti per rispettare insieme questi diritti e queste necessarie tutele purché tutti abbiano la consapevolezza che non esiste il rischio zero, e che è necessaria l'assunzione, con il dovuto equilibrio, di un comune senso di responsabilità.
di Renzo Dori - Presidente della Consulta provinciale sulla salute e membro del gruppo di lavoro dello Spi del Trentino su sanità e contrattazione sociale