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RSA, tutti i pazienti debbono riceve le medesime cure e chi decide è sempre il medico

Cgil Cisl Uil: tutti i pazienti sono uguali. Piuttosto si investa di più nelle strutture e sul personale.

“Suscitano più di un dubbio i contenuti della lettera con cui l’Azienda sanitaria comunicò alle rsa trentine di non trasferire in ospedale i malati affetti da Covid 19 delle Rsa. Pur comprendendo l’enorme pressione a cui erano sottoposte le terapie intensive e i presidi ospedalieri un mese fa, crediamo che non possa essere accettabile una scelta preventiva su chi ammettere alle cure ospedaliere e chi no. La decisione spetta solo alla valutazione del medico. Per questo va verificato come nella prassi sia stata interpretata quella indicazione. Non si possono dividere i cittadini in seria A e serie B. Così viene meno il principio di uguaglianza”. Lo dicono i tre segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino commentando la direttiva dell’Azienda sanitaria indirizzata a tutte le case di riposo, a Spes e ad Upipa. “Se come dichiara il direttore per l’integrazione socio-sanitaria della Apss, Enrico Nava, nella prassi i degenti delle rsa trentine sono stati ricoverati in ospedale quando serviva, questo va documentato - proseguono Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti -. Per il resto le Rsa non sono ospedali e non erano attrezzate per farsi carico di questa tipologia di malati, visto che in certe strutture è difficile prevedere il distanziamento o una corretta separazione tra aree Covid e aree non Covid come hanno dimostrato i fatti. Per essere considerati presidi sanitari a bassa intensità allora andavano messi nelle condizioni di esserlo in termini di organizzazione e risorse umane. Crediamo che sul tema gestione dell’emergenza coronavirus ed in particolare sul contagio in alcune rsa vada promossa, a fine emergenza, una commissione consiliare che valuti se siano state realmente messe in atto tutte le misure di prevenzione e contenimento del rischio di diffusione del virus Sars-CoV-2 necessarie per difendere i soggetti più fragili e allo stesso tempo il personale, a partire dai tamponi e dai dispositivi di sicurezza che sono a lungo mancati”.

L’emergenza sanitaria del resto ha messo alla luce le criticità del sistema sanitario e socio-assistenziale. “E’ tempo di cominciare a ripensare all’organizzazione della sanità trentina sui territori, senza pregiudizi e mettendo da parte la logica del consenso – proseguono i tre segretari -. Non è la duplicazione dell’assistenza che dà risposte, non è accontentare il desiderio delle cure sotto casa, ma un’organizzazione capillare che concentra nei centri maggiori l’assistenza altamente specialistica e assicura presidi a bassa intensità in tutti i territori. La giunta Fugatti non ha puntato né valorizzato i presidi periferici, si è ostinata a voler riaprire punti nascita, che ora a causa dell’emergenza ha dovuto chiudere. Bisogna cambiare logica”.

Infine i tre segretari chiedono che si sfrutti questo tempo per potenziare l’integrazione tra sanitario e socio-assistenziale soprattutto per i soggetti più fragili come gli anziani. “Questa drammatica esperienza ci dimostra l’importanza di investire sulla prevenzione e sulla presa in carico delle cronicità. Si acceleri dunque sull’attivazione dello Spazio Argento. Basta temporeggiare”, concludono.

 

 

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