Portierato Università, nessun accordo sul futuro dei lavoratori
Con il cambio appalto si tagliano i salari anche del 40%. Sindacati: vanno cambiate urgentemente le leggi e va rivisto il protocollo firmato dalle Parti Sociali sugli appalti provinciale. Apac non fa nulla per tutelare gli addetti
Stipendi tagliati di almeno il 25 per cento, nei casi di lavoratori con maggiore anzianità di servizio, i tagli possono andare oltre il 40 per cento. In pratica più hai esperienza e più vieni penalizzato. E’ questo quello che si vorrebbe imporre ai 54 lavoratori delle portinerie dell’Università di Trento. Il tutto senza che Apac, che ha scritto il bando, muova un dito per far applicare le leggi provinciali e tutelare dunque i lavoratori. L’incontro di ieri sera tra sindacati e RTI (Miorelli – Rear) si è concluso con un nulla di fatto. A nulla è servito un confronto fiume di oltre otto ore alla presenza dei vertici dell’Agenzia provinciale per gli appalti. La società che gestirà il servizio di portineria non intende retrocedere di un passo, di fatto imponendo una propria personalissima interpretazione delle clausole sociali. Il che si traduce in concreto con un peggioramento delle condizioni retributive e normative per gli addetti alle portinerie: decurtazione dello stipendio, cambio di contratto da terziario a multiservizi, nessun riconoscimento dell’anzianità di servizio, dequalificazione. Una situazione inaccettabile per i sindacati. Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e Uiltrasporti insistono nell’evidenziare che il personale continuerà a svolgere le identiche mansioni di prima, nessun cambiamento di compiti. Non si capisce perché per fare le stesse cose dal 16 luglio dovranno essere pagati meno.
“La questione vera qui è il costo del lavoro – tuonano Roland Caramelle, Francesca Delai, per la Filcams, Francesca Vespa, Gabriele Goller della Fisascat, Stefano Picchetti della Uiltucs e Nicola Petrolli, Franco Cerbaro della Uiltrasporti -. Non si capisce come abbiano potuto accogliere un’offerta che aveva il suo unico punto di forza “nella riduzione del costo del lavoro”. E’ questa la ragione alla base delle scelte della RTI ed è gravissimo che Apac, che ha scritto il bando, e l’Università che di fatto è la committente possano accettare come se nulla fosse che si incida così pesantemente sui lavoratori”.
Le organizzazioni sindacali sono pronte a tutelare i lavoratori anche per via legale.
Intanto ieri al tavolo ad aggravare la situazione è arrivata anche la proposta, informalmente da Apac, di aumentare le ore di lavoro vista la richiesta di maggiori servizi dell’Università. Una possibilità che permetterebbe ai lavoratori di non perderci economicamente, ma lavorando il doppio. “Siamo al limite del ridicolo”, commentano i sindacati.
I sindacati già oggi hanno chiesto un incontro urgente con gli assessori Mirko Bisesti e Achille Spinelli, perché medino sulla questione riportando la controparte ad un confronto responsabile. “Stona anche il silenzio dell’Ateneo – insistono i rappresentanti dei lavoratori -. Un’Università da primato nazionale che non si cura dei lavoratori non è certo un fatto encomiabile”. I sindacati spostano l’accento anche sulle normative provinciali: che senso ha approvare leggi che, almeno per i servizi, non tutelano i lavoratori? “Serve un’assunzione di responsabilità da parte della Provincia e dall’Università”.
Intanto lunedì è confermato lo sciopero del servizio. E’ in programma un presidio in via Verdi, davanti alle facoltà di Sociologia e Giurisprudenza dalle nove alle dodici.