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Assestamento di bilancio. Cgil Cisl Uil: “Nel piano natalità interventi mal congegnati”

I sindacati confermano le critiche al bonus nascite e al meccanismo di riduzione delle tariffe dei nidi: “È iniquo e rischia di disincentivare il lavoro facendo solo risparmiare lo Stato”. Rebus sui requisiti di residenza.

Assestamento di bilancio. Cgil Cisl Uil: “Nel piano natalità interventi mal congegnati”

La Giunta provinciale rivendica la bontà del piano per la natalità contenuto nella manovra di assestamento di bilancio, ma per Cgil Cisl Uil le misure per le famiglie con figli sono disegnate male e rischiano di risultare inique e poco efficaci, oltre che diventare potenzialmente un disincentivo al lavoro. Per questo i sindacati lanciano un appello al Presidente Fugatti: “Lasciamo da parte la propaganda - scrivono in una nota i segretari generali Franco Ianeselli (Cgil), Lorenzo Pomini (Cisl) e Walter Alotti (Uil) -. Sediamoci intorno ad un tavolo e verifichiamo insieme strade alternative per sostenere le famiglie”.
Per le organizzazioni sindacali trentine infatti i problemi sono almeno tre. Il primo riguarda la decorrenza del bonus nascita. “Verranno “premiati” solo i bambini nati a partire dal 1° gennaio 2020. Le famiglie con figli minori di tre anni nati prima di quella data non riceveranno nulla. La cosa è assurda perché i bambini e le loro famiglie dovrebbe essere uguali di fronte alle necessità di sostegno. Invece la Giunta amplifica le disuguaglianze proprio grazie alle politiche pubbliche che dovrebbero essere usate per ridurle”.
In secondo luogo manca un sistema di coordinamento tra i contributi e le agevolazioni statali e quelle provinciali. “Il bonus nido Inps - premettono i sindacalisti - è stato introdotto dal governo Gentiloni ed è stato esteso per i prossimi tre anni dal Governo Conte. Ma in assenza di un meccanismo di raccordo tra interventi nazionali e provinciali si rischia di fare un favore solo alle casse dello Stato, creando confusione nelle famiglie che hanno iscritto i propri bambini al nido”. Lo stesso rischio lo corrono i futuri beneficiari del contributi alla nascita introdotto dalla Giunta Fugatti. “Se infatti - spiegano Ianeselli, Pomini e Alotti - per tre anni queste famiglie potranno godere del nuovo assegno di natalità provinciale variabile tra i 1.200 e i 2.400 euro l’anno, queste stesse famiglie rischiano contestualmente di vedersi ridotti o addirittura di perdere gli assegni familiari Inps: da una parte si dà e dall’altra parte si toglie con la beffa che, con le tasse dei contribuenti trentini, si fa risparmiare lo Stato. Per questo abbiamo chiesto di studiare urgentemente una forma di coordinamento tra interventi statali e provinciali. Confidiamo che la Giunta ascolti la nostra richiesta e provveda concretamente a risolvere la questione”.
Infine il terzo problema. Sia l’assegno di natalità, sia la riduzione delle rette dei nidi riguardano solo i nuclei con un Icef 0,40: vi rientrano un numero consistente di nuclei familiari in Trentino ma una gran fetta del ceto medio ne è escluso. Il meccanismo è senza appello: chi è sotto quella soglia riceverà tutto il contributo nascite e vedrà quasi azzerarsi la tariffa del nido, chi invece avrà anche un solo euro di reddito in più della soglia non prenderà nulla e dovrà pagare rette degli asili nido variabili tra i 290 e i 220 euro al mese, a seconda del Comune in cui si risiede. “In pratica - avvertono i sindacati - chi sta sopra quella soglia può arrivare a perdere anche 5.700 euro all’anno di benefici. Ciò rischia di creare un potente disincentivo a lavorare inducendo le famiglie a ridurre i propri redditi fino alla soglia Icef di 0,40. Basti pensare che è sufficiente avere dei redditi medi, qualche risparmio in banca o ereditare un piccolo immobile per essere immediatamente esclusi”. Per questo motivo Cgil Cisl Uil avevano proposto di ridurre anche le rette massime degli asili nido come già successo con le scuole dell’infanzia, potenziare i servizi di conciliazione ed escludere ai fini del calcolo dell’Icef, almeno in gran parte, i redditi da lavoro femminile. Senza però essere ascoltati dalla Giunta provinciale fino ad oggi.
Infine l’ultima novità riguarda i requisiti di residenza. Per accedere al nuovo assegno provinciale di natalità non basta essere residenti in Trentino da almeno tre anni come accade per l’assegno unico provinciale per le famiglie con figli attualmente in vigore. Bisognerà avere una residenza continuativa di almeno cinque anni negli ultimi dieci e risultare residenti in Italia da almeno dieci anni. Districarsi tra i diversi requisiti ora rischia di diventare un rebus

 

 

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