Bonfiglioli, rotte di nuovo le trattative, oggi le maestranze scioperano 8 ore
Dopo due mesi di lotte la direzione aziendale aveva promesso una nuova proposta, ma sul piatto non ha messo un solo euro in più.
I lavoratori dello stabilimento di Rovereto della Bonfiglioli Mechatronic Research sono ormai esasperati, si sentono presi in giro da un’azienda che si è rivelata solerte quando c’è da prendere aiuti dalla Provincia, ma che sembra non tenere in alcun modo in considerazione le proprie maestranze.
“Questa trattativa va avanti ormai da un anno e mezzo – racconta Michele Guarda della Fiom – ed il comportamento dell’azienda è persino imbarazzante, trattandosi di una blasonata multinazionale dalla quale ci si aspetterebbe maturità nelle relazioni sindacali”.
A fine 2017 fu avviato il percorso per costituire una rappresentanza sindacale interna e la reazione dell’azienda fu feroce. Furono presi di mira i tre lavoratori che erano stati promotori della sindacalizzazione: all’indomani della raccolta di decine di adesioni al sindacato, in un solo giorno uno dei tre fu licenziato in tronco, un altro ricevette un provvedimento disciplinare, al terzo fu fatto intendere che gli avanzamenti di carriera già promessi sarebbero stati rimessi in discussione. Tutto ciò generò un clima di terrore tra i lavoratori, ma ciò nonostante a gennaio 2018 si riuscì ad eleggere una RSU. Le rappresentanze sindacali chiesero subito un incontro con la direzione aziendale, ma l’incontro fu concesso solo a luglio, 7 mesi dopo.
La trattativa vera e propria per il contratto integrativo iniziò a settembre, con la richiesta da parte delle maestranze di introdurre una quattordicesima, un istituto presente con nomi e modalità diversi in quasi tutte le aziende metalmeccaniche del nord Italia e presente anche in tutti gli altri stabilimenti del gruppo Bonfiglioli.
Va ricordato che i 1500 lavoratori di Bonfiglioli sparsi nei vari stabilimenti in Italia percepiscono un integrativo che vale circa 8 o 9 mila euro l’anno, in linea con le altre grosse aziende dell’industria del nord Italia, mentre solo gli 80 lavoratori di Rovereto non hanno nulla. Si dovette attendere dicembre, diversi incontri inconcludenti e qualche sciopero per vedere la prima apertura da parte dell’azienda, rivelatasi però un bluff: Bonfiglioli mise sul piatto, di fatto, 300 euro lordi all’anno di aumento, nemmeno sicuri, a condizione di stoppare ogni altra ulteriore richiesta salariale fino al 2023.
A nulla valsero settimane di trattative, la posizione dell’azienda pareva irremovibile, cosicché i lavoratori furono costretti a scioperare nuovamente. Si arrivò così a marzo, quando l’azienda promise una nuova proposta, che però si rivelò essere del tutto identica alla precedente. Una plateale presa in giro, che scatenò la rabbia, con azioni di lotta pressoché quotidiane da parte delle maestranze.
A fine aprile Bonfiglioli chiese nuovamente una tregua, promettendo di avanzare una proposta radicalmente diversa. “Le speranze dei lavoratori sono però svanite nei giorni scorsi, quando – rivela Michele Guarda – in Confindustria la direzione di Bonfiglioli si è presentata con una proposta “ultimativa”, sostenendo che “ormai i margini di mediazione si sono esauriti”, lamentandosi del fatto che il sindacato è riuscito a “cavare la pelle” all’azienda. Ma una volta messa sul piatto la proposta si è scoperto che era stato cambiato qualche nome, era stata spostata qualche scadenza, ma i soldi erano sempre gli stessi, le modalità le stesse, la durata contrattuale la stessa. Se non fosse che sappiamo che Bonfiglioli è una realtà che altrove vanta relazioni sindacali eccellenti – è il commento di Guarda – verrebbe da credere che a Bologna pensino che i trentini sono bifolchi da abbindolare, buoni solo per spremere contributi da mamma Provincia”.
Intanto nello stabilimento i lavoratori lamentano che il clima di ostilità contro chi appoggia le richieste sindacali si fa sempre più pesante: uno dei delegati sindacali è stato demansionato, ai lavoratori precari è stato detto che non hanno diritto a partecipare alle assemblee, gli altri lavoratori vengono chiamati uno ad uno o a piccoli gruppi e fatti oggetto di pressioni neppure troppo velate.
“Stiamo valutando – dice la Segretaria Generale della Fiom del Trentino Manuela Terragnolo – se ricorrano gli estremi per presentare denuncia per comportamento antisindacale ai sensi dello Statuto dei Lavoratori”.
Intanto proprio ieri è invece giunta la buona notizia del rinnovo del contratto integrativo alla Fly di Grigno, azienda che per diversi aspetti può essere considerata “gemella” della Bonfiglioli di Rovereto: 2600 euro annui di salario fisso in più, oltre 1000 sulle maggiorazioni, altri 300 sul PDR. In una situazione nella quale non si partiva da zero, Fly ha messo sul piatto oltre 10 volte di più di quello che sinora ha offerto Bonfiglioli.
“Ma non c’è solo Fly – è il commento di Terragnolo –. Nell’ultimo periodo abbiamo rinnovato i contratti integrativi quasi ovunque: Dana, Metalsistem, Sandvik, Ninz, MCS, Meccanica del Sarca, Sapes, Coster, Cariboni, persino in aziende artigiane come la Verniciatura Pintarelli, con incrementi salariali garantiti e tangibili, quasi sempre in aziende nelle quali l’integrativo è andato a migliorare quanto già c’era. Solo Bonfiglioli si comporta come fossimo negli anni ‘50: questo è intollerabile di per sé, ma tanto più da parte di chi riceve finanziamenti pubblici, pagati con le tasse di tutti noi, anche dei suoi stessi dipendenti”.
Trento, 31 maggio 2019
I lavoratori dello stabilimento di Rovereto della Bonfiglioli Mechatronic Research sono ormai esasperati, si sentono presi in giro da un’azienda che si è rivelata solerte quando c’è da prendere aiuti dalla Provincia, ma che sembra non tenere in alcun modo in considerazione le proprie maestranze.
“Questa trattativa va avanti ormai da un anno e mezzo – racconta Michele Guarda della Fiom – ed il comportamento dell’azienda è persino imbarazzante, trattandosi di una blasonata multinazionale dalla quale ci si aspetterebbe maturità nelle relazioni sindacali”.
A fine 2017 fu avviato il percorso per costituire una rappresentanza sindacale interna e la reazione dell’azienda fu feroce. Furono presi di mira i tre lavoratori che erano stati promotori della sindacalizzazione: all’indomani della raccolta di decine di adesioni al sindacato, in un solo giorno uno dei tre fu licenziato in tronco, un altro ricevette un provvedimento disciplinare, al terzo fu fatto intendere che gli avanzamenti di carriera già promessi sarebbero stati rimessi in discussione. Tutto ciò generò un clima di terrore tra i lavoratori, ma ciò nonostante a gennaio 2018 si riuscì ad eleggere una RSU. Le rappresentanze sindacali chiesero subito un incontro con la direzione aziendale, ma l’incontro fu concesso solo a luglio, 7 mesi dopo.
La trattativa vera e propria per il contratto integrativo iniziò a settembre, con la richiesta da parte delle maestranze di introdurre una quattordicesima, un istituto presente con nomi e modalità diversi in quasi tutte le aziende metalmeccaniche del nord Italia e presente anche in tutti gli altri stabilimenti del gruppo Bonfiglioli.
Va ricordato che i 1500 lavoratori di Bonfiglioli sparsi nei vari stabilimenti in Italia percepiscono un integrativo che vale circa 8 o 9 mila euro l’anno, in linea con le altre grosse aziende dell’industria del nord Italia, mentre solo gli 80 lavoratori di Rovereto non hanno nulla. Si dovette attendere dicembre, diversi incontri inconcludenti e qualche sciopero per vedere la prima apertura da parte dell’azienda, rivelatasi però un bluff: Bonfiglioli mise sul piatto, di fatto, 300 euro lordi all’anno di aumento, nemmeno sicuri, a condizione di stoppare ogni altra ulteriore richiesta salariale fino al 2023.
A nulla valsero settimane di trattative, la posizione dell’azienda pareva irremovibile, cosicché i lavoratori furono costretti a scioperare nuovamente. Si arrivò così a marzo, quando l’azienda promise una nuova proposta, che però si rivelò essere del tutto identica alla precedente. Una plateale presa in giro, che scatenò la rabbia, con azioni di lotta pressoché quotidiane da parte delle maestranze.
A fine aprile Bonfiglioli chiese nuovamente una tregua, promettendo di avanzare una proposta radicalmente diversa. “Le speranze dei lavoratori sono però svanite nei giorni scorsi, quando – rivela Michele Guarda – in Confindustria la direzione di Bonfiglioli si è presentata con una proposta “ultimativa”, sostenendo che “ormai i margini di mediazione si sono esauriti”, lamentandosi del fatto che il sindacato è riuscito a “cavare la pelle” all’azienda. Ma una volta messa sul piatto la proposta si è scoperto che era stato cambiato qualche nome, era stata spostata qualche scadenza, ma i soldi erano sempre gli stessi, le modalità le stesse, la durata contrattuale la stessa. Se non fosse che sappiamo che Bonfiglioli è una realtà che altrove vanta relazioni sindacali eccellenti – è il commento di Guarda – verrebbe da credere che a Bologna pensino che i trentini sono bifolchi da abbindolare, buoni solo per spremere contributi da mamma Provincia”.
Intanto nello stabilimento i lavoratori lamentano che il clima di ostilità contro chi appoggia le richieste sindacali si fa sempre più pesante: uno dei delegati sindacali è stato demansionato, ai lavoratori precari è stato detto che non hanno diritto a partecipare alle assemblee, gli altri lavoratori vengono chiamati uno ad uno o a piccoli gruppi e fatti oggetto di pressioni neppure troppo velate.
“Stiamo valutando – dice la Segretaria Generale della Fiom del Trentino Manuela Terragnolo – se ricorrano gli estremi per presentare denuncia per comportamento antisindacale ai sensi dello Statuto dei Lavoratori”.
Intanto proprio ieri è invece giunta la buona notizia del rinnovo del contratto integrativo alla Fly di Grigno, azienda che per diversi aspetti può essere considerata “gemella” della Bonfiglioli di Rovereto: 2600 euro annui di salario fisso in più, oltre 1000 sulle maggiorazioni, altri 300 sul PDR. In una situazione nella quale non si partiva da zero, Fly ha messo sul piatto oltre 10 volte di più di quello che sinora ha offerto Bonfiglioli.
“Ma non c’è solo Fly – è il commento di Terragnolo –. Nell’ultimo periodo abbiamo rinnovato i contratti integrativi quasi ovunque: Dana, Metalsistem, Sandvik, Ninz, MCS, Meccanica del Sarca, Sapes, Coster, Cariboni, persino in aziende artigiane come la Verniciatura Pintarelli, con incrementi salariali garantiti e tangibili, quasi sempre in aziende nelle quali l’integrativo è andato a migliorare quanto già c’era. Solo Bonfiglioli si comporta come fossimo negli anni ‘50: questo è intollerabile di per sé, ma tanto più da parte di chi riceve finanziamenti pubblici, pagati con le tasse di tutti noi, anche dei suoi stessi dipendenti”.
Trento, 31 maggio 2019