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Giorno della memoria 2017. La voce dei testimoni

Il 27 gennaio ricorre il 72enesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. In tutto il mondo il ricordo delle vittime dell'Olocausto

La parola ai testimoni: il brano è tratto dal libro di Franz Thaler, Dimenticare mai, Edition Raetia


Un fischio penetrante interruppe la conversazione e una voce gridò: “Fuori tutti, appello”. Si scatenò un trambusto, tutti corsero. Alcuni erano intenti a spulciarsi, altri si erano sdraiati sul pagliericcio, altri ancora si erano addormentati. Questi furono gli ultimi ad arrivare nel cortile, spintonati a destra e a manca.

Imparai la procedura: dovevamo metterci in fila per tre. Se una fila non era perfetta, venivamo sparpagliati, dovevamo buttarci per terra, alzarci, strisciare nella neve e poi rimetterci in fila per tre. Tutti cercavamo di metterci a piombo, ma ciò nonostante capitava che le angherie si ripetessero per più volte.

Quando finalmente l'adunata era riuscita, iniziava il conteggio. E qui sorgevano altre difficoltà, poiché gli stranieri non capivano il tedesco e avevano difficoltà a gridare il numero giusto. Questo modo di conteggiare era difficile perfino per quelli di lingua tedesca, figurarsi quanto più difficile fosse per gli italiani, rumeni, croati ecc. Spesso dovevamo iniziare da capo per due o tre volte. Quando la cosa era finalmente riuscita potevamo rompere le righe e tornare alle baracche.

Capitava che le guardie fossero di cattivo umore e che l'appello non riuscisse alla perfezione, allora le angherie e le vessazioni crescevano: per ore sull'attenti al freddo pungente oppure si doveva strisciare sulla neve, poi alzarsi, poi gettarsi giù ecc. e così per ore. Se durante il conteggio qualcuno sbagliava doveva uscire dalla riga e veniva picchiato fino allo sfinimento totale. Allora poteva rimettersi in riga. Quando finalmente ci si poteva infilare sotto la coperta, ci addormentavamo immediatamente. Però, alternandoci, due di noi dovevano ancora pulire la camerata. Ma chi pensava di aver finalmente pace si sbagliava. C'era ancora il controllo della pulizia dei piedi con tutte le conseguenze.

Comunque, nonostante la fame e la tortura dei pidocchi ci si addormentava subito per l'infinita stanchezza che ci invadeva.


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